Sebald Beham, Giuditta con la testa di Oloferne (1547)

Giuditta e Olofene – Storia

Storia di Giuditta e Oloferne

La storia, raccontata nella Bibbia Cristiana, ma non nella Bibbia Ebraica, narra che il re di Babilonia, Nabucodonosor (605-562 a.C.), dopo aver vinto la guerra contro i Medi, il “Grande re” affidò al suo generale Oloferne la Campagna d’Occidente.

Nella avanzata sulle terre occidentali, Oloferne ed il suo esercito incontrarono il popolo di Israele.

Oloferne chiese al suo sottoposto, Achior, condottiero di tutti gli Ammoniti, chi fossero questi israeliti che stavano preparandosi ad attaccare, questo rispose che il popolo di Israele, era considerato invincibile, perché aveva un Dio che lo proteggeva, se questi non trasgredivano le sue leggi: “se ci accorgiamo che c’è in mezzo a loro questo inciampo, avanziamo e diamo loro battaglia.

Se invece non c’è alcuna trasgressione nella loro gente, il mio signore passi oltre, perché il Signore, che è il loro Dio, non si faccia loro scudo e noi diveniamo oggetto di scherno davanti a tutta la terra”.

Oloferne adirato della risposta che metteva in forse la sua vittoria, in risposta ordinò ai suoi di abbandonare Achior ai nemici, lasciandolo legato vicino alle fonti che erano sotto la città di Betulia.

Gli Israeliti uscirono dalla loro città, si avvicinarono a lui, lo slegarono, lo condussero in Betulia e lo interrogarono.

Quello che disse Achior aumentò la paura della gente che moltiplicò le preghiere ed i sacrifici al loro Dio perchè restasse al loro fianco durante l’assedio che Oloferne aveva incominciato.

Giuditta, una ricca e bella vedova, era fra la gente di Betulia che stava subendo da 34 giorni l’assedio nemico e, venuta a conoscenza che il loro capo della città, Ozia, non sapendo come resistere a Oloferne, era disposto a cedere la città stessa tra cinque giorni, se nel frattempo non avveniva qualche miracolo divino, si rivolse ai Capi Anziani, rimproverandoli di avere poca fede nel Signore e di cercare di ricattarlo.

Poi, credendo e sperando che Dio l’avrebbe aiutata, si vesti e si agghindò in modo da essere attraente agli occhi del capo nemico e si recò con una ancella nel campo nemico.

Catturata, fu portata innanzi a Oloferne che, colpito dalla sua bellezza, pensò di farla sua.

Giuditta raccontò al generale che il popolo ebreo aveva gravemente offeso il loro Dio che le era apparso per dirle di aiutare Oloferne a entrare in città.

Oloferne, cadde nella trappola, acconsentì a lasciare a Giuditta tre giorni per pregare e chiedere l’approvazione del suo Signore e fece preparare un gran banchetto e volle che la bella ebrea si sedesse accanto a lui.

Giuditta finse di esser ammirata della forza di Oloferne e innamorata di lui.

Durante il banchetto Giuditta si mostrò compiacente e docile con l’uomo che mangiò e bevve al punto di ubriacarsi.

Quando gli altri commensali se ne furono andati, Giuditta rimase sola con Oloferne steso su un divano, mise la sua ancella di guardia alla porta, poi, pregato fervidamente Dio che desse forza al suo braccio, prese la grande spada di Oloferne, e con essa gli tagliò il capo.

Giuditta con la sua ancella e la testa in una bisaccia, tornarono alla città di Betulia, dove, il popolo, sentendo la storia e vedendo la testa di Oloferne, la onorarono come una eroina.

Il giorno dopo la testa di Oloferne fu esposta sulle mura della città, e gli Assiri, spaventati, levarono le tende inseguiti dagli israeliani

 


Giuditta
 è un personaggio biblico, eroina del popolo ebraico. Il suo nome deriva dall’ebraico (יְהוּדִית “lodata” o “ebrea”, Yəhudit), ed è la forma femminile del nome Giuda.

Le imprese di Giuditta sono narrate nel libro omonimo che fa parte dei testi deuterocanonici, ovvero esclusi dal canone della Religione Ebraica (e pertanto considerati apocrifi dalle Chiese Protestanti), ma accettati come canonici dalla Chiesa Cattolica e quella Ortodossa.

Racconto biblico

Il libro dice che Giuditta liberò la città di Betulia assediata dagli Assiri del re Nabucodonosor. Della sua bellezza si invaghì Oloferne, loro generale, il quale la trattenne con sé al banchetto; vistolo ubriaco, Giuditta gli tagliò la testa con la sua stessa spada e poi ritornò nella città.  Gli Assiri, trovato morto il loro condottiero, furono presi dal panico e facilmente messi in fuga dai Giudei.

La storicità di tale personaggio biblico è molto dubbia, così come è errata la descrizione storica degli eventi data dallo stesso Libro di Giuditta che – secondo gli esegeti della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme), concordemente ad altri studiosi cristiani – è caratterizzato da “un’indifferenza totale nei confronti della storia e della geografia”.

Ad esempio, Oloferne è un nome di origine persiana e Nabucodonosor, che viene detto regnasse a Ninive sugli Assiri, in realtà regnò tra il 605-562 a.C. sui Babilonesi e al suo tempo Ninive era già stata distrutta (nel 612 a.C.) da suo padre Nabopolassar; inoltre, il ritorno dall’Esilio babilonese – che avverrà solo sotto Ciro il Grande nel 538 a.C. – viene descritto come già accaduto.

Anche la città di Betulia – al centro della narrazione – nonostante le precisazioni topografiche e benché sia presentata come città in posizione strategica per il controllo dell’accesso verso la Giudea risulta inesistente e il tragitto compiuto dall’esercito di Oloferne è una “«sfida» alla geografia” della regione, che era evidentemente sconosciuta all’autore del resoconto.

 

Il Libro di Giuditta (greco Ιουδίθ, iudíth; latino Iudith) è un testo contenuto nella Bibbia cristiana cattolica (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato nella tradizione cattolica e ortodossa, mentre la tradizione protestante lo considera apocrifo.

Ci è pervenuto in una versione greca di circa fine II secolo a.C., sulla base di un prototesto ebraico perduto composto in Giudea attorno a metà II secolo a.C.

È composto da 16 capitoli descriventi la storia dell’ebrea Giuditta, ambientata al tempo di Nabucodonosor (605-562 a.C.), “re degli Assiri”. La città giudea di Betulia è sotto assedio da parte di Oloferne, generale assiro, e viene liberata grazie a Giuditta.

Il Libro di Giuditta è entrato piuttosto tardi e dopo alcune incertezze – nel 382 d.C. in occidente e nel 692 d.C. in oriente – nella Bibbia cattolica e ortodossa, mentre è stato escluso dalla Bibbia ebraica e da quella protestante. Secondo gli studiosi della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme) – concordemente a quelli del “Nuovo Grande Commentario Biblico” e dell’interconfessionale Bibbia TOB – il testo è caratterizzato da “un’indifferenza totale nei confronti della storia e della geografia”. Ad esempio, il tragitto compiuto dall’esercito di Oloferne è del tutto inverosimile e cita alcune città storicamente non conosciute e altre invece note ma riportate in modo geograficamente non coerente; anche le città di Betulia e Betomestaim sono storicamente sconosciute, nonostante le precisazioni topografiche e benché Betulia – al centro della narrazione nel libro – sia presentata come città in posizione strategica per il controllo dell’accesso verso la Giudea. Sempre secondo gli studiosi della École biblique et archéologique française, il tragitto compiuto dall’esercito di Oloferne è una “«sfida» alla geografia” della regione, che era evidentemente sconosciuta all’autore del resoconto. Oltre a ciò, Oloferne è un nome di origine persiana e anche Nabucodonosor – che viene detto regnasse a Ninive sugli Assiri – in realtà regnò tra il 605-562 a.C. sui Babilonesi, non sugli Assiri, e al suo tempo Ninive era già stata distrutta (nel 612 a.C.) da suo padre Nabopolassar; Arpacsàd (o Arfacsàd), invece, citato come regnante in Ecbàtana, è un nome sconosciuto alla storia. Nel Libro di Giuditta, inoltre, il ritorno dall’Esilio babilonese– che avverrà solo sotto Ciro il Grande nel 538 a.C. – viene descritto come già accaduto Anche gli esegeti della Bibbia Edizioni Paoline confermano che “i dati storici, cronologici e topografici della narrazione lasciano perplessi. Un Nabucodonosor re degli Assiri, residente in Ninive, è sconosciuto alla storia. Sconosciuto è altresì un monarca medo di nome Arpacsad. Oloferne, comandante dell’esercito assiro, e Bagoas, suo maggiordomo, portano nomi persiani. […] I luoghi attraversati dall’esercito di Oloferne in marcia verso l’Occidente e la stessa località di Betulia, epicentro dell’azione militare, sono immaginari”.

Giuditta con il capo di Oloferne,

di Cristofano Allori, 1613

(Palazzo Pitti, Firenze)

 

Sebald Beham,

Giuditta con la testa di Oloferne (1547)

 

La storia

La storia è ambientata cronologicamente durante il regno di Nabucodonosor, qui presentato come re assiro, in realtà babilonese, di cui narra la guerra contro i Medi. Conclusa vittoriosamente la prima campagna di guerra, il “Grande re” affidò al suo generale Oloferne la campagna d’occidente, durante la quale questi incontrò il popolo di Israele. Un capo cananeo lo avvertì che quello era un popolo invincibile, se non peccava contro il suo Dio, e per tutta risposta egli lo consegnò agli israeliti, che lo ricoverarono e si prepararono alla guerra con l’Assiria.

Assediati, ridotti allo stremo per fame e sete, dopo trentaquattro giorni gli israeliti avrebbero voluto arrendersi, e il loro capo, Ozia, a fatica riuscì a convincerli ad aspettare ancora cinque giorni.

Qui entra in scena Giuditta, ricca vedova, bella, giovane e di indiscussa virtù.

« Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi. Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti delle vedove. Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele. Era bella d’aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manàsse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni ed essa era rimasta padrona di tutto. Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché temeva molto Dio. »   (Giuditta)

Alla notizia dell’intenzione di resa, Giuditta convoca gli anziani, rimprovera loro la scarsa fede, ne ottiene la fiducia e, invocata per sé la protezione del Dio di Israele, si veste in gran pompa e si presenta ad Oloferne con la sua serva e con doni, fingendo di essere venuta a tradire i suoi.

Condotta alla presenza del generale viene assai ben accolta, e gli fa credere di poter avere la rivelazione dei peccati del suo popolo a causa dei quali l’Eterno lo darà in mano al nemico, permettendogli di giungere vittorioso fino alla conquista di Gerusalemme.

Oloferne accetta entusiasta l’offerta e la lascia pregare ogni notte il suo Dio per avere la promessa rivelazione. Dopo tre giorni la invita al suo banchetto, credendo di poterla anche possedere. Ma quando viene lasciato solo con la donna è perdutamente ubriaco.

« Fermatasi presso il divano di lui, disse in cuor suo: «Signore, Dio d’ogni potenza, guarda propizio in quest’ora all’opera delle mie mani per l’esaltazione di Gerusalemme. È venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far riuscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi». Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: «Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento». E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa. »   (Giuditta)

Giuditta ricavò dal suo atto eroico grandi onori e anche ricchezze, levò un salmo di ringraziamento all’Eterno, e visse fino a 105 anni, libera e assai rispettata dalla sua gente, rifiutando ogni proposta di nuove nozze.

Giuditta in atto di tagliare la testa di Oloferne

(Firenze, Piazza della Signoria)

La storia di Giuditta, trattata con grande ampiezza nella Bibbia cattolica, ha avuto grande successo come fonte di ispirazione letteraria ed iconografica.

Colpisce, nel racconto, l’entrata in scena di questa figura di donna bella, libera e ricca (posizione di per sé inquietante, in una società arcaica), che pungola lo scarso coraggio degli uomini della sua comunità ai quali dovrebbe per tradizione essere soggetta. E non c’è dubbio che l’uccisione di Oloferne evochi anche la vendetta della donna contro il maschio violento e violentatore. Come ha potuto dunque, un racconto che ribadisce che le armi della femmina contro il maschio sono quelle tradizionali – la seduzione e l’inganno – avere tanta fortuna in società patriarcali?

La parola-chiave sembra essere “patriottismo”, valore, come indica la parola stessa, tipicamente patriarcale. Il fatto è che da una parte nel racconto si ribadisce che le armi femminili sono proprio quelle, ma dall’altra esse vengono qui utilizzate a beneficio del gruppo (patriarcale) di appartenenza. Ciò consente la promozione di Giuditta al ruolo di eroe – anzi, di eroina.

Di questa complessità psicologica ben si accorse Freud, quando nella sua Psicologia della vita amorosa, citò la figura di Giuditta come una di quelle donne la cui verginità è protetta da un tabù, facendo riferimento ad una tragedia di Friedrich Hebbel che dava per non consumato il suo primo ed unico matrimonio.

Nei primi del Novecento Giuditta diventa un’icona del decadentismo, simbolo della donna dominatrice cui l’uomo soggiace, come nell’episodio di Salomè e Giovanni Battista.

Se ne danno di seguito alcuni esempi:

Il personaggio di Giuditta è ricorrente nell’iconografia dal Medioevo in poi, come eroina femminile che trionfa sulla prepotenza dell’invasore usando la seduzione e la violenza.

  • Giuditta e Oloferne, scultura in bronzo di Donatello, 1452-1453, conservata a Firenze, Palazzo Vecchio.
  • Ritorno di Giuditta a Betulia, dipinto di Sandro Botticelli, intorno al 1472, conservato a Firenze, Galleria degli Uffizi.
  • Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne, dipinto di Andrea Mantegna, 1495, conservato a Washington, National Gallery of Art.
  • Giuditta con la testa di Oloferne, dipinto di Andrea Mantegna, 1495, conservato a Dublino, National Gallery of Ireland.
  • Giuditta con la testa di Oloferne, dipinto di Andrea Mantegna, 1495-1500, conservato a Montréal, Montreal Museum of Fine Arts.
  • Giuditta con la testa di Oloferne, dipinto di Giorgione, intorno al 1504, conservato a San Pietroburgo, Ermitage.
  • Giustizia o Giuditta, affresco di Tiziano, intorno al 1508, conservato a Venezia, Ca’ d’Oro.
  • Giuditta con la testa di Oloferne, affresco di Michelangelo Buonarroti, 1508, sulla volta della Cappella Sistina.
  • Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, dipinto di Correggio, intorno al 1510, Strasburgo, Musée des Beaux-Arts.
  • Giuditta dipinto di Palma il Vecchio, 1525-1528, Firenze, Galleria degli Uffizi.
  • Giuditta e Oloferne, dipinto di Caravaggio, 1599, conservato a Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.
  • Giuditta con la testa di Oloferne, dipinto di Cristofano Allori, 1612 circa, conservato a Firenze, Galleria Palatina.
  • Giuditta che decapita Oloferne, dipinto di Artemisia Gentileschi, 1612-1613, conservato a Napoli, Museo di Capodimonte.
  • Giuditta con la sua ancella, dipinto di Artemisia Gentileschi, 1618-1619, conservato a Firenze, Galleria Palatina.
  • Giuditta che decapita Oloferne, dipinto di Artemisia Gentileschi, intorno al 1620, conservato a Firenze, Galleria degli Uffizi.
  • Giuditta con la sua ancella, dipinto di Artemisia Gentileschi, intorno al 1625-1627, conservato a Detroit, Institute of Arts.
  • Ritratto di dama come Giuditta, dipinto di Agostino Carracci, 1590-1595, conservato in una collezione privata.
  • Trionfo di Giuditta, affresco di Luca Giordano, 1703-1704, conservato a Napoli, Certosa di San Martino, Cappella del Tesoro.
  • Giuditta e Oloferne, dipinto di Gustav Klimt, 1901, conservato a Vienna, Österreichische Galerie Belvedere.